Dopo sedici mesi di guerra e settimane di controffensiva avara di successi, l’esercito ucraino accede alle scorte statunitensi di munizioni a grappolo. Quali le origini, l’efficacia e le ripercussioni sul territorio di armi tanto controverse?
Il via libera di Biden alle forniture di munizionamento a grappolo per l’alleato ucraino ha scatenato reazioni specie tra coloro che, con prematuro ottimismo, confidavano nel progressivo, imminente relegamento di tali armi alle pagine del passato: un passato dove la guerra, per lo meno quella fatta dai “nostri”, era affare assai più sporco ed immorale. Eppure, nonostante gli apparenti successi del movimento internazionale volto alla messa al bando delle cluster munitions, è difficile ricordare conflitti recenti – specie di quelli tradizionali, tra stati e forze armate regolari – nei quali le parti in causa abbiano rinunciato alle suddette.1
Lo scalpore suscitato dalla decisione statunitense può sembrare surreale, stante il già considerevole utilizzo di bombe a grappolo da parte degli eserciti che battagliano nel territorio ucraino. Russia ed Ucraina non hanno difatti lesinato nell’impiego degli arsenali sovietici a loro disposizione, munizioni a grappolo incluse; ma se Mosca ha saputo mantenere in parziale efficienza l’apparato produttivo ereditato, nel secondo anno di guerra aperta Kiev si ritrova ad essere largamente dipendente da forniture di munizionamento estero, un compito più che complicato dal bisogno di rifornire una miriade di calibri diversi. Nasce qui la necessità di accedere agli enormi magazzini di munizioni cluster statunitensi, figlia dell’incapacità dell’industria occidentale nel soddisfare la fame di proiettili di un esercito alle prese con una guerra su un fronte da 1200 km.
Sono proprio le vaste dimensioni di questo arsenale d’oltreoceano, unite alla cronica mancanza di proiettili convenzionali di cui soffre l’esercito ucraino, a porre le basi per un utilizzo estensivo delle cluster di origine statunitense – utilizzo militarmente prezioso, ma non privo di conseguenze per la popolazione locale.
Che le armi a grappolo siano particolarmente adatte, se non addirittura essenziali nell’assalto a trincee e fortificazioni russe, è una giustificazione diffusasi attraverso i media nazionali,2 eppure – lo vedremo – facilmente smentita dalla storia, dalla tecnica e dalla dottrina d’impiego di tali armi. Allo stesso tempo, la promessa statunitense di fornire solamente ordigni con tasso di munizioni inesplose inferiore al 2% non si concilia con le oramai numerose evidenze emerse dagli impieghi bellici di tali munizioni, nei quali il 2% si è rivelato pura utopia.
Il tentativo di addolcire la pillola all’opinione pubblica si spiega con le necessità reali ed urgenti delle forze armate ucraine, in una guerra la cui posta in gioco rende, per Washington, il prezzo da pagare a livello di immagine facilmente digeribile. Lo stesso non si può dire per Kiev, la cui decisione di invocare l’impiego delle armi a grappolo statunitensi non può essere presa a cuor leggero, visto il rischio di gravi conseguenze – immediate e future – sulla pelle dei propri cittadini. A contorno, risultano tragicomici gli scandalizzati commenti del Cremlino, che arrivano a negare mesi di documentato impiego di munizionamento a grappolo da parte delle forze armate russe.3 4
Munizioni a doppio uso
Le armi a grappolo non sono un’invenzione particolarmente recente o sofisticata: si tratta di ordigni che, invece di disporre di una singola testata esplosiva come il più classico dei proiettili d’artiglieria, trasportano al proprio interno un gran numero di piccole granate dette submunizioni, le quali vengono disseminate in un’ampia area una volta giunte sopra il bersaglio. Schierate sin dalla Seconda Guerra Mondiale, esistono svariate forme di armi a grappolo, in grado di trasportare submunizioni dai compiti più disparati – solitamente antiuomo, anticarro od incendiarie – e capaci di essere impiegate da diversi vettori di lancio, come pezzi d’artiglieria, lanciarazzi o velivoli. Più varianti, ma una razionale comune: disperdere l’effetto di un singolo proiettile in modo da battere in maniera istantanea un’area più ampia.
Nel corso della Guerra Fredda le armi a grappolo vivono una vera e propria età dell’oro. A partire dagli anni’70, trovano vasto impiego nei conflitti intrapresi dai due blocchi, ma è l’utilizzo americano nella Guerra del Vietnam a spiccare: l’uso in enormi quantità di armi a grappolo aeree e terrestri rende il paese asiatico e i vicini Laos e Cambogia malaugurati campi di prova per ogni genere di submunizione. Proprio allora debuttano le armi messe oggi a disposizione da Biden all’esercito ucraino, le cosiddette DPICM, acronimo traducibile come “munizioni convenzionali migliorate a doppio uso“. E’ il “doppio uso”, per i tempi, la vera novità: le granate contenute in queste nuove armi a grappolo per artiglieria hanno una duale capacità antiuomo e anticarro, quando fin lì il tipico proiettile cluster rimaneva limitato al ruolo antiuomo.
Ognuna delle 88 submunizioni contenute in un singolo proiettile DPICM da 155mm 5 è una minuta carica cava, funzionante in maniera analoga alle testate dei più comuni razzi anticarro per fanteria: al momento dell’impatto, l’esplosione scaglia un piccolo getto ipersonico di metallo, in grado di penetrare circa 10cm di acciaio. Una performance che può sembrare modesta, limitata com’è dal piccolo diametro della carica, ma che negli anni ’70 era sufficiente a perforare la sottile corazza superiore dei più temibili carri sovietici. Non meno importante, il guscio metallico di queste piccole granate garantisce, grazie alle schegge prodotte dall’esplosione, un considerevole effetto antiuomo.
Storia e dottrina d’impiego
In forma largamente e sorprendentemente invariata, le DPICM statunitensi sono state realizzate fino al 2009,6 armando le artiglierie NATO da 105 e 155mm, così come i famigerati sistemi MLRS – ognuno dei quali in grado di lanciare dodici razzi da 644 submunizioni l’uno. Quasi quarant’anni di produzione hanno fatto sì che ancora nel 2007, a sedici anni dalla fine della Guerra Fredda, i soli magazzini americani contenessero qualcosa come 640 milioni di submunizioni di tipo DPICM:7 come metro di paragone, l’uso più estensivo di cluster munitions nella storia, durante i già citati bombardamenti statunitensi su Vietnam, Laos e Cambogia, consumò circa 299 milioni di submunizioni in ben otto anni di attacchi.8
La necessità di un tale sforzo produttivo non va ricercata nella partecipazione di Washington a numerose guerre regionali, bensì nel conflitto mai realizzatosi nel cuore dell’Europa, la temuta offensiva del Patto di Varsavia oltre il confine della della Germania divisa. Non è difatti un caso che le DPICM si diffondano negli arsenali NATO proprio negli anni in cui l’alleanza inizia a credere di poter affrontare il colosso sovietico in una guerra convenzionale, allontanando il ricorso alle armi atomiche, sulla cui minaccia d’impiego si è a lungo basata la difesa dell’Europa Occidentale.9
Affrontare un’offensiva degli eserciti sovietici ed est-europei vuol dire prepararsi ad uno scontro con un avversario non solo molto più numeroso in uomini e mezzi, ma che tra gli anni ’70 ed i primi anni ’80 arriva a godere di una sorprendente superiorità tecnica in armamenti cruciali.10
DPICM che nascono quindi in un contesto strategico largamente difensivo, con l’esercito statunitense ispirato dai dettami della Forward (Active) Defense, la nuova dottrina militare ufficializzata nel 1976: una dottrina che avrà vita breve, tutta incentrata sul vincere la prima, grande e decisiva battaglia dell’ipotetica invasione sovietica, e di farlo a ridosso del confine tra le due Germanie, senza cedere terreno.11 Strategia ben vista dalla leadership della Germania Ovest, ma oltremodo rischiosa, in cui l’arduo compito di fermare le preponderanti forze comuniste è affidato soprattutto all’aviazione e alle nuove armi difensive: i missili guidati anticarro – la cui efficacia era stata appena dimostrata nel conflitto dello Yom Kippur – e le DPICM.12
Le munizioni a grappolo a doppio uso sono concepite per affrontare le grandi formazioni offensive del Patto di Varsavia, che fanno di mobilità ed ampio impiego di moderni mezzi corazzati i propri punti di forza: solo le DPICM permettono all’artiglieria NATO di colpire sfuggenti colonne di carri armati e mezzi corazzati carichi di fanti, altrimenti in grado di eludere con facilità le missioni di fuoco con normali proiettili esplosivi. L’ampia area d’impatto delle munizioni a grappolo consente non solo di colpire bersagli in movimento prima che lascino la zona battuta, ma risulta anche in una maggiore letalità, rispetto ai proiettili convenzionali, contro gruppi di fanteria, veicoli e mezzi corazzati quando colti allo scoperto.
Non solo: in ogni bombardamento d’artiglieria, sono i primissimi colpi ad avere i maggiori effetti sul bersaglio: effetto che va via via scemando con il prolungarsi della missione di fuoco, che vede gli uomini prima accucciarsi al suolo e poi rifugiarsi in trincee od edifici, i carri ed i veicoli chiudere i portelli e disperdersi fino ad abbandonare la zona colpita. Le munizioni a grappolo massimizzano l’area colpita dall’effetto iniziale di un bombardamento, quando si ha la possibilità di colpire il nemico impreparato.13
Per i medesimi motivi, le DPICM risultano particolarmente adatte a missioni di controbatteria – la distruzione delle artiglierie avversarie, situate ben alle spalle della linea del fronte. Se una tipica batteria sovietica degli anni ’70 si disponeva in linea, con i singoli pezzi distanziati di 30 metri, un coevo proiettile esplosivo da 155mm aveva chances limitate di neutralizzare il bersaglio – specie alle grandi distanze tipiche dei tiri di controbatteria, che incrementano la dispersione dei colpi. Considerando come gran parte delle missioni di controbatteria avvengano senza una visuale diretta del bersaglio – ancor di più durante la Guerra Fredda – e si basino su stime approssimative dell’ubicazione delle artiglierie avversarie, diviene evidente il vantaggio di battere un’area maggiore dato dalle munizioni a grappolo, vantaggio che incrementa ulteriormente tenendo presente la limitata finestra temporale nella quale è possibile colpire le batterie nemiche, spesso in continuo movimento tra una missione di fuoco e la successiva.
Con il passare degli anni, le DPICM divengono se possibile ancor più essenziali per le missioni di controbatteria. Già dalla fine degli anni ’70, le batterie d’artiglieria sovietiche guadagnano la capacità di dispiegarsi con un maggiore ed irregolare distanziamento tra i singoli pezzi, grazie alla diffusione di computer per la direzione di tiro. Contemporaneamente, il parco artiglierie del Patto di Varsavia inizia a schierare una sempre più consistente componente di pezzi semoventi, in grado di cambiare posizione molto più celermente dopo aver aperto il fuoco, e la cui vulnerabilità al fuoco di controbatteria è ulteriormente ridotta grazie alla protezione corazzata.14
Tutto ciò fa sì che neutralizzare l’artiglieria avversaria impiegando semplici munizioni ad alto esplosivo divenga ancor più inefficiente: le cluster a doppio uso, dell’ampia area d’effetto e capaci di penetrare la sottile corazza delle artiglierie semoventi, sono nuovamente la risposta. Considerazioni analoghe rendono le DPICM preziose nelle missioni di fuoco contro batterie antiaeree e centri di comando mobili, bersagli prioritari le cui caratteristiche – schieramento in profondità dietro linee avversarie, corazzatura leggera, dispersione e frequenti cambi di posizione – ricalcano quelle delle batterie d’artiglieria.
Gli anni ’80 vedranno gli eserciti NATO abbandonare l’Active Defense in favore della Airland Battle, che prospetta per lo scenario europeo l’adozione di una difesa mobile ed in profondità, affiancata da estensivi attacchi diretti verso le retrovie dello schieramento avversario.15 Obiettivo prioritario non sono più le avanguardie corazzate del Patto di Varsavia intente a sfondare le linee occidentali, bensì le formazioni alle spalle della linea del fronte, il secondo scaglione in attesa di entrare in azione e gli asset logistici. Il focus passa dal vincere lo scontro tattico al confine, al prevalere in una più ampia campagna dal respiro operazionale.16 Quanto al compito di colpire le forze nemiche in profondità, esso non ricade solo sull’aviazione, bensì diviene responsabilità condivisa con l’esercito; in tale contesto, le DPICM sono la munizione prescelta per le artiglierie a lungo raggio – i sistemi MLRS ed i nuovi colpi da 155mm base-bleed,17 in grado di colpire a circa 30 chilometri di distanza.
La risposta sovietica alla crescente minaccia portata dagli attacchi in profondità di artiglierie ed aviazione NATO è una sempre maggiore enfasi sulla velocità di esecuzione delle manovre, sull’agilità e sulla dispersione delle formazioni terrestri;9 per sfuggire al fuoco di controbatteria, si cerca di ridurre la durata di una missione di fuoco a soli 4 minuti.14
Efficacia, ieri ed oggi
Se le munizioni a grappolo risultano di grande efficienza in più contesti, essa è tutt’altro che universale; di più, il progresso tecnologico ha fatto sì che, al giorno d’oggi, le munizioni cluster abbiano perso parte del loro appeal.
Nel 1977, a pochi anni dell’adozione delle cluster a doppio uso, i manuali dell’US Army ne prescrivevano così l’utilizzo: le DPICM sono ideali contro fanteria allo scoperto, non contro truppe in trincee o in aree boscose; in tal caso, i classici proiettili unitari ad alto esplosivo rimangono i più efficaci. Nel respingere un attacco ad armi combinate sovietico, le munizioni cluster a doppio uso ingaggiano le batterie antiaeree semoventi nelle seconde linee avversarie, in modo da aprire la strada al proprio supporto aereo. Le DPICM sono efficaci contro veicoli dalla corazza leggera come i BMP, molto meno se il bersaglio sono carri armati come i T-62, dove spesso l’unico effetto è costringere gli equipaggi a chiudere i portelli.18
In operazioni offensive, le cluster non vengono scagliate contro le prime linee, ma verso zone al di là dello schieramento avversario, da cui si sospetta possano partire contrattacchi – un utilizzo più volto all’interdizione che alla distruzione, simile a quello indicato in caso di avvistamento di formazioni di fanteria meccanizzata in movimento: un breve bombardamento di DPICM può costringere la fanteria a scendere dai mezzi ed i blindati a disperdersi, causando una notevole perdita di tempo. Inoltre, le munizioni a grappolo sono doppiamente ideali per colpire il nemico mentre cerca di aprirsi varchi nei campi minati: non solo non rischiano di sminare il terreno, ma lo contaminano con le submunizioni inesplose.19
Ulteriori preziose informazioni sull’efficacia e sulla dottrina d’impiego delle munizioni a grappolo ci vengono fornite dalle norme dell’esercito russo riguardanti l’impiego dell’artiglieria. Con il tipico approccio scientifico all’arte della guerra di ispirazione sovietica, le prescrizioni nei manuali russi non si limitano ad indicare i migliori scenari di utilizzo dell’arma, ma ne descrivono l’efficacia caso per caso con matematica precisione. E’ bene tener presente che il munizionamento a grappolo fu ampiamente adottato dagli eserciti del defunto Patto di Varsavia, e ricopre ancor oggi un ruolo di primo piano nelle forze armate di Mosca, così come in quelle di Kiev: la quantità di armi a grappolo presente nei magazzini dell’esercito russo, incluse armi analoghe alle DPICM, è probabilmente seconda solo alla dotazione statunitense.
L’odierna dottrina russa per l’impiego delle munizioni a grappolo per artiglieria non è dissimile da quella d’oltreoceano; data la comune eredità sovietica, si tratta di prescrizioni ampiamente note anche all’esercito ucraino. Esattamente come i loro colleghi americani, gli artiglieri russi impiegano le munizioni a grappolo contro fanteria, armi anticarro, artiglierie, veicoli comando, radar e batterie antiaeree, ma solo quando il bersaglio è colto allo scoperto. Nello specifico, le analoghe russe delle DPICM sono stimate essere, rispetto ad equivalenti proiettili unitari, 3 volte più efficaci nel fuoco di controbatteria e nel colpire radar e unità antiaeree mobili, 2,6 volte più efficaci contro veicoli comando allo scoperto, 3 volte più efficaci contro truppe e bersagli non corazzati allo scoperto. La particolare efficacia del munizionamento a grappolo nel danneggiare le fragili antenne dei sistemi radar terrestri è evidenziata, mentre una ulteriore, curiosa missione adatta all’impiego di armi a grappolo prevista dai russi è quella contro elicotteri avversari colti al suolo. 20 21
La scarsa efficacia delle munizioni a grappolo contro obiettivi come trincee e fortificazioni trova concordi le dottrine militari d’Oriente e d’Occidente, dalla tarda Guerra Fredda fino ai giorni nostri.22 23 Un compito nel quale i classici proiettili unitari ad alto esplosivo con effetto a frammentazione sono moderatamente efficaci, ma lo diventano maggiormente quando dotati di spoletta di prossimità, che grazie ad un piccolo sensore radar garantisce una esplosione al di sopra della trincea e una pioggia di frammenti.
Più la trincea è coperta e ben costruita, più l’effetto delle schegge svanisce – in tal caso, è la sola onda d’urto data dalla componente esplosiva dei proiettili ad infliggere danni al personale, o a demolire parti della fortificazione. In armi come le DPICM, mancando completamente la componente esplosiva, l’unico effetto contro personale trincerato è dato dalle schegge prodotte da quella minuta percentuale di submunizioni precipitanti dentro la trincea stessa: ciò fa sì che le munizioni a grappolo abbiano una qualche efficacia contro trincee scoperte, che scompare nel caso di trincee coperte o fortificazioni più elaborate.24
Pur impiegando munizionamento ad alto esplosivo con una ottimale scelta di spoletta, distruggere obiettivi trincerati rimane, al giorno d’oggi, missione spesso necessitante un consumo così proibitivo di colpi da essere intrapresa esclusivamente contro bersagli cruciali: solo i proiettili impattanti a pochi metri dalla trincea stessa possono sperare di avere effetto distruttivo. Si ricorre molto più comunemente a missioni di soppressione, il cui obiettivo non è la distruzione fisica delle fortificazioni e di una consistente percentuale delle truppe rifugiate in esse, bensì l’impedire al difensore, per un certo periodo di tempo, di muoversi liberamente, di esporsi per impiegare le armi pesanti – specie gli ATGM25 – di aprire il fuoco o correggere la propria risposta d’artiglieria in maniera ottimale. Una grossa lacuna delle DPICM è proprio l’inconsistenza dell’effetto di soppressione sulle truppe bersaglio.24
Il terreno stesso rappresenta un ulteriore ostacolo all’impiego delle munizioni a grappolo: la grande efficacia che abbiamo visto esistere in vari contesti d’impiego è da considerarsi tale solo in presenza di terreno aperto, solido e pianeggiante. Le singole submunizioni sono fino a 3 volte meno efficaci quando il suolo è torboso o paludoso, e fino a 5 volte meno efficaci in presenza di manto nevoso.22 La presenza di comune vegetazione, o l’impatto con il terreno sconnesso di una trincea, riduce notevolmente l’efficacia di armi come le DPICM, così come temperature ambientali troppo calde o troppo fredde.
In presenza di simili condizioni, ciò crea un doppio problema all’ufficiale in comando: da un lato, bisogna mettere in conto un maggiore impiego di munizioni cluster per ottenere l’effetto ricercato – con relativo dispendio di tempo, le cui conseguenze possono essere fatali in duelli di controbatteria. Dall’altro, ogni utilizzo di munizioni a grappolo in contesti inadatti si traduce nella dispersione di una gran quantità di ordigni inesplosi, vere e proprie mine antiuomo che mettono in pericolo non solo la popolazione civile, ma anche le proprie forze avanzanti nell’area. Si tratta di uno dei maggiori ostacoli all’impiego estensivo di munizioni a grappolo nell’assalto alle prime linee nemiche, il quale rischierebbe di compromettere i movimenti della fanteria attaccante. D’altra parte, la contaminazione di aree con ordigni inesplosi può essere perfino militarmente vantaggiosa, se diretta nelle profondità dello schieramento avversario, lontana da direttrici d’avanzata.
Non è raro vedere associata al munizionamento a grappolo una efficacia smisurata, tale da rendere realmente obsoleto l’impiego del munizionamento convenzionale. Sulla pagina Wikipedia relativa alle DPICM campeggiano i dati di una presentazione dell’US Army,26 i quali mostrano come nella guerra del Vietnam le DPICM da 155mm siano state 8 volte più efficienti nell’uccidere soldati, rispetto alle munizioni unitarie; la stessa fonte è vista citata da un noto think-tank britannico,27 a supporto di una tesi che vuole le munizioni a grappolo arma grandemente efficace contro le trincee russe. Eppure, basta considerare la dottrina d’impiego del munizionamento a grappolo per rendersi conto di quanto tali dati, in assenza di più specifico contesto, possano essere fuorvianti: in Vietnam le comuni, economiche munizioni esplosive venivano impiegate in ogni sorta di missione – specie le più dispendiose di colpi ed avare di uccisioni, come la soppressione di trincee e fortificazioni – mentre la missione prediletta per le neonate e più rare DPICM era l’attacco contro truppe colte allo scoperto, molto più redditizia in termini di perdite umane inflitte.
L’efficacia relativa delle munizioni a grappolo è – l’abbiamo visto – largamente dipendente dalle condizioni d’impiego e dalla natura del bersaglio. Nel 2008, un centro di ricerca subordinato al Ministero della Difesa Norvegese ha simulato l’efficacia comparata di una vasta gamma di munizioni a grappolo, incluse le famigerate DPICM da 155mm.28 Il quadro che ne emerge vede il vantaggio delle armi a grappolo, pur quando impiegate in un contesto a loro favorevole, venire ridimensionato. Eloquente è il caso in cui i bersagli siano gruppi di soldati in piedi allo scoperto: un tipico proiettile DPICM da 155mm dimostra, rispetto alla sua controparte unitaria, un’area letale superiore del 19%; laddove il proiettile unitario disponga di spoletta di prossimità, le DPICM perdono il loro vantaggio, risultando anzi l’11% meno letali. Se le munizioni a grappolo mantengono la loro superiorità qualora le truppe bersagliate siano sdraiate al suolo, il verdetto della simulazione è chiaro: la superiorità del munizionamento a grappolo contro bersagli morbidi29 è oggi molto meno ampia di quanto sia solitamente affermato, e scompare di fronte all’impiego di moderni proiettili esplosivi30 dotati di detonatore di prossimità o di guida di precisione.
Non solo, ai giorni nostri le munizioni a grappolo a doppio uso hanno perso parte dell’efficacia che, fino alla tarda Guerra Fredda, veniva loro riconosciuta contro veicoli corazzati. La modesta capacità di penetrazione delle DPICM è facilmente neutralizzata dall’impatto con corazze reattive che, oramai dagli anni ’80, adornano buona parte della superficie superiore dei carri moderni – specie quelli di concezione sovietica, diffusissimi oggi nel conflitto russo-ucraino. Inoltre, l’estensiva adozione degli spall-liners31 all’interno dei veicoli corazzati ha ulteriormente ridotto l’effetto di cariche cave così minute. Per distruggere un veicolo corazzato possono essere necessari fino a 10 impatti di DPICM, che statisticamente richiederebbero l’impiego di qualcosa come 200 proiettili da 155mm: per tale motivo, bersagli corazzati isolati non sono appetibili, anche se le cluster mantengono una certa efficacia contro formazioni numerose.24
Non è quindi un caso che, se i manuali degli anni ’70 prevedevano un ampio uso delle DPICM contro formazioni di carri e blindati per fanteria, oggi non sia più così: la munizione d’eccellenza contro bersagli corazzati è divenuta quella di precisione, o quella sensor fuzed;32 in mancanza di esse, gli americani riconoscono una rinnovata capacità delle DPICM di neutralizzare corazzati leggeri se usate in massa, mentre i russi preferiscono l’utilizzo di proiettili ad alto esplosivo.33
DPICM e submunizioni inesplose
A più di mezzo secolo dal debutto delle munizioni cluster a doppio uso, abbiamo visto il loro ruolo sul campo di battaglia venire sempre più eroso da nuove contendenti, tanto che le DPICM ricoprono oggi il ruolo di munizione di prima scelta in casi limitati – ad esempio, in missioni di controbatteria senza visuale sul bersaglio. Tuttavia, ciò è valido solamente per eserciti massicciamente riforniti di munizioni di precisione, proiettili sensor-fuzed e spolette di prossimità – un lusso (forse) concesso solo all’esercito statunitense, in un conflitto convenzionale che duri più di qualche settimana.
In mancanza di alternative, le munizioni a grappolo rimangono oggi ingrediente allettante per ogni forza terrestre – e le alternative hanno spesso costi maggiori: se una munizione a grappolo per artiglieria ha un costo di produzione 2-3 volte più elevato rispetto ad un equivalente proiettile unitario,34 un tipico proiettile guidato è ancora più caro, mentre una munizione sensor-fuzed arriva a costare anche 20 volte tanto;24 perfino l’aggiunta di una semplice spoletta di prossimità più che raddoppia la spesa per una munizione esplosiva.
E’ il caso del conflitto ucraino: le forze armate di Kiev hanno sin qui impiegato munizioni di ogni tipo, ma sempre lamentando una grande inferiorità nelle dotazioni di proiettili rispetto al nemico russo. La cronica carenza di munizionamento convenzionale ad alto esplosivo si è sempre più accompagnata ad un utilizzo liberale di munizioni di precisione quali i missili GMLRS, armi costose spesso viste impiegate in missioni di controbatteria o a supporto delle prime linee. La principale attrattiva offerta dagli stock statunitensi di DPICM è la possibilità di impiegare queste ultime contro le prime linee e nei costanti duelli di controbatteria – specialmente i proiettili M864 dotati di grande gittata – liberando armi a lungo raggio come i GMLRS per impieghi contro logistica e centri di comando, e preservando le munizioni di precisione quali gli Excalibur per i bersagli tattici più ostici come singoli carri armati.
D’altra parte, specie nel contesto di una obbligata postura offensiva, il comando ucraino difficilmente resisterà alla tentazione di impiegare munizioni a grappolo in contesti non ideali: in altre parole, in tutti quei casi dove le dotazioni di munizioni esplosive risulteranno insufficienti e la missione di primaria importanza – sopprimere trincee o fornire fuoco di supporto in zone boscose, ad esempio – sarà lecito attendersi un impiego delle DPICM quando disponibili, nonostante l’efficacia subottimale ed i maggiori rischi per il territorio. Del resto, l’esercito ucraino ha già dimostrato di non avere troppe remore nell’impiegare munizioni a grappolo perfino in aree urbane con presenza civile.35 36
Se è quindi ingenuo, perfino ipocrita fornire armi a grappolo ad un esercito combattente una guerra vista come esistenziale illudendosi che – in un contesto di carenza cronica di munizioni – esso si limiti ad impiegarle solo in casi limitati, diviene assai importante valutare le ricadute che queste consapevoli scelte avranno sulla popolazione civile. La prima variabile, la quantità di munizioni a grappolo che verrà messa a disposizione dell’esercito ucraino, è impossibile da prevedere; sappiamo che gli Stati Uniti hanno, potenzialmente, riserve tali da consentire invii costanti e massicci per anni.7 Più il rifornimento sarà ampio e costante, più l’impiego sul campo rischierà di estendersi ad utilizzi inottimali, specie se non vi sarà un contemporaneo incremento nell’invio di colpi convenzionali.
Va inoltre considerato come – al contrario delle munizioni di nuova produzione – le DPICM in magazzino abbiano un costo economico inesistente per le casse statunitensi, oltre ad essere già state rimpiazzate da munizioni alternative presso le unità dell’US Army. L’unico, remoto caso in cui esse tornino ad essere di qualche utilità per Washington è quello di un conflitto terrestre di lunga durata; di fatto, senza lo scoppio del conflitto russo-ucraino, è assai probabile che avremmo visto l’immenso, obsolescente arsenale di DPICM statunitense venire progressivamente dismesso, non senza costi.37
Il secondo fattore è il tasso di malfunzionamento di queste munizioni, ovvero la percentuale di pericolose granate inesplose che ci si aspetta rimangano al suolo dopo ogni bombardamento. Nota è la promessa statunitense di limitarsi all’invio in Ucraina di armi con tasso inferiore al 2%: è questa promessa realistica? Conoscendo gli specifici modelli di armi a grappolo ad essere inviate, è possibile fornire una risposta.
Le DPICM messe a disposizione da Biden all’esercito ucraino prendono la forma di proiettili da 155mm M864 e potenzialmente includono anche i più vecchi proiettili M483A1 – già forniti a Kiev dalla Turchia – e i razzi per MLRS M26.38 39 Nel cuore di queste munizioni risiedono granate M42, M46 e M77: trattasi di submunizioni prodotte dagli anni ’70, funzionalmente identiche tra di loro, consistenti in una carica cava con effetto a frammentazione e dal semplice detonatore ad impatto. Granate dal design economico e a basso livello tecnologico, non è presente in esse alcun dispositivo di autodistruzione, che figura in più moderni esempi di armi a grappolo – l’unica misura tecnica in grado di ridurre la percentuale di munizioni inesplose lasciate sul terreno.
La storia delle munizioni a grappolo è anche quella delle menzogne volte a minimizzarne gli effetti collaterali, diffuse da aziende produttrici, militari e politici. Nei decenni di impiego tra Vietnam, Laos, Cambogia, Kuwait, Libano e Kosovo, armi dal millantato tasso di malfunzionamento del 2-5% hanno lasciato al suolo dal 10% al 30% di submunizioni inesplose.7 In Laos, l’aviazione statunitense sganciò circa 250-270 milioni di submunizioni in nove anni di bombardamenti indiscriminati, producendo decine di migliaia di vittime civili e fino ad 80 milioni di ordigni inesplosi.40 41
Proprio le DPICM oggi destinate all’Ucraina figurano tra i più lampanti esempi di come il dramma delle munizioni inesplose sia stato a lungo noto, ciononostante ignorato dai militari statunitensi. Prodotte massicciamente a partire dagli anni ’70, le submunizioni a doppio uso M42, M46 e M77 vantavano le usuali garanzie del produttore, eppure per essere impiegate dalle forze armate erano previsti test di accettazione: ogni lotto di colpi nuovi di fabbrica – che poteva arrivare a comprendere fino a 3000 razzi con 2 milioni di submunizioni – vedeva un campione di munizioni essere testato dall’esercito in un poligono di tiro.
Nel 1991, durante la Guerra del Golfo, per i colpi d’artiglieria contenenti le granate M42/M46 l’US Army richiedeva un massimo di 5% di granate inesplose, cosicché il test di accettazione veniva condotto in un range di temperature ottimale ma totalmente irrealistico, accuratamente scelto tra i 20,2° e i 22,5°: non sorprende come ciò portasse all’accettazione in servizio della totalità dei lotti. Nello stesso frangente, non avendo l’esercito posto limiti ai malfunzionamenti delle submunizioni per razzi – forse per l’impiego a maggiore distanza dalle proprie linee – le granate M77 per razzi da MLRS venivano liberamente testate finanche in condizioni metereologiche avverse, con il risultato che submunizioni largamente identiche a quelle appena accettate per le artiglierie rimanevano inesplose fino al 23% delle volte, e nonostante ciò inviate alle unità al fronte.42
Test farsa ed un generale disinteresse da parte dei militari riguardo la questione risulteranno, ogni qualvolta le DPICM sono state impiegate, in quantitativi di submunizioni inesplose ben maggiori di quanto preventivato. In particolare, i proiettili da 155mm con granate M42/M46 – inclusi gli M864 già arrivati in Ucraina – hanno dimostrato, in impieghi reali, un tasso medio di munizioni inesplose del 14%, mentre i razzi per MLRS con granate M77 uno del 16%.43 La grande discrepanza con i tassi teorici è facilmente spiegata dalla radicale differenza tra le condizioni ideali in cui le armi a grappolo sono solitamente testate e la realtà dell’impiego bellico, dove la temperatura è variabile, il terreno raramente aperto e solido.
Basti pensare al teatro ucraino, dove si combatte in trincee nascoste sotto filari d’alberi, nelle aree boscose del Lugansk o nel terreno sconnesso dei campi arati, per non parlare delle zone paludose lungo il Dnepr o del lungo, gelido inverno dalle abbondanti precipitazioni nevose; l’Ucraina dove i centri urbani sono luogo di combattimenti diretti, ma anche santuari per logistica e riserve, oggetto di frequenti bombardamenti e duelli di controbatteria. La promessa dell’esecutivo statunitense è quindi completamente e consciamente irrealistica, laddove anche la sola scelta di lotti di DPICM testati in patria con tasso sotto il 2% risulterà – come puntualmente avvenuto in ogni impiego precedente – in una percentuale reale di submunizioni inesplose in Ucraina largamente superiore.
Del resto, come trovare plausibile che munizioni concepite e prodotte decenni fa, senza meccanismo di autodistruzione e soggette a pericoloso invecchiamento, funzionino cinque volte meglio della loro versione più moderna già impiegata da Israele? Si tratta delle granate a doppio uso M85, tuttora in produzione ed impiegate dall’esercito israeliano in Libano nel 2006: dotate di un sistema di autodistruzione, il tasso di munizioni inesplose sul campo raggiunse un fallimentare 10% – quando il produttore arrivò a parlare di un utopico 0,06%.44 Nei medesimi combattimenti in Libano, i vari tipi di DPICM mostrarono complessivamente un tasso del 25%. Qualora le più moderne M85 venissero anch’esse inviate in Ucraina, sarebbero significativamente più sicure delle vecchie DPICM, ma continuerebbero a rappresentare un grave rischio per il territorio.45 46
Gli stessi classici proiettili d’artiglieria unitari, con spolette più costose e sofisticate rispetto a quelle delle singole granate DPICM, hanno dimostrato tassi di munizioni inesplose del 5%.24 Non solo, perfino le munizioni a grappolo impiegate dai russi in questi mesi includono alcuni modelli più moderni delle DPICM e con meccanismo di autodistruzione:47 di esse si è arrivati a parlare di un tasso di malfunzionamento del 40%, solitamente a mo’ di giustificazione dell’invio delle munizioni statunitensi48 – incuranti di come queste ultime siano, sulla carta, tutt’altro che maggiormente moderne o sicure. Piuttosto, dati simili sulla scarsa efficacia delle munizioni a grappolo usate da Mosca e Kiev suggeriscono una notevole inadeguatezza del terreno e delle condizioni atmosferiche ucraine all’impiego di armi analoghe – o perfino meno recenti – quali le DPICM statunitensi, così come un utilizzo smodato delle munizioni cluster da parte di ambo gli eserciti.
Conseguenze per la popolazione
Nell’agosto del 1993, la più importante istituzione di auditing del Governo Federale degli Stati Uniti produsse un rapporto per il Congresso, riguardante il problema delle submunizioni inesplose.42 Uno studio non ispirato da preoccupazioni umanitarie, bensì dalla morte di 25 soldati statunitensi durante l’operazione Desert Storm a causa di ordigni inesplosi – una cifra rappresentante il 10% delle perdite sostenute dalle forze terrestri nel corso della campagna.49 Emersero i già citati elevati tassi di submunizioni inesplose nei test di accettazione, ma anche come metà dell’intera produzione di razzi MLRS tra il 1984 ed il 1989 eccedesse il limite teorico del 5% di submunizioni inesplose, senza che fosse preso alcun provvedimento. La razionale del produrre per decenni armi dall’enorme potenziale di contaminazione del territorio fu efficacemente illustrata dall’esercito:
The battlefield safety of operating in areas where submunitions had been delivered was not considered during the design and early production of the system. […] the Army believed the weapon would most likely be used against the Soviet threat in Europe, where U.S. troops would probably be in a defensive position. Therefore, U.S. soldiers were not expected to occupy submunition-contaminated areas.
NSIAD-93-212 Operation Desert Storm: Casualties Caused by Improper Handling of Unexploded U.S. Submunitions (gao.gov)
Una logica cinica, ma coerente: armi a grappolo quali le DPICM furono ideate per essere impiegate in Europa di fronte ad un’offensiva sovietica; il territorio ad essere contaminato sarebbe stato quello sotto controllo avversario, e ciò non avrebbe messo in pericolo soldati americani. Con un ulteriore risvolto: gli eserciti NATO mettevano in conto di contaminare con ordigni inesplosi la gran parte del territorio che avrebbero dovuto cedere di fronte all’offensiva comunista, una strategia di terra bruciata dalle funeste conseguenze sulla popolazione tedesca.
Se è impossibile prevedere i risvolti di un utilizzo su larga scala delle munizioni a grappolo statunitensi nel territorio ucraino, uno sguardo al passato rende evidente la scala del rischio. In Vietnam si contano 105.000 vittime,50 tra cui 38,951 morti, causate da munizioni inesplose nel periodo 1975-2013, successivo alla Guerra del Vietnam; da 34,550 a 52,350 sono stimate essere causate da armi a grappolo. Considerando come fino a 21 milioni di submunizioni inesplose abbiano contaminato il territorio vietnamita durante la guerra, si giunge ad una media di 1 vittima ogni 488 granate rimaste inesplose al suolo, e 1 vittima annua ogni 18.560 granate – tutto ciò escludendo le vittime causate durante il conflitto stesso, che nel simile caso del Laos sono state ancor più di quelle contate nel dopoguerra. Un analogo calcolo applicato al caso iracheno, durante il periodo 1991-2006, risulta in 1 vittima ogni 1226 submunizioni inesplose, e 1 vittima/anno ogni 18.395 submunizioni. Le munizioni cluster israeliane utilizzate in Libano, in una regione ad alta densità di popolazione, nel 2006 hanno causato 1 vittima/anno ogni 1644 granate inesplose.8 Quali le implicazioni per l’Ucraina?
Il consumo di colpi dell’artiglieria di Kiev è stimato in 3000 colpi di artiglieria pesante nei giorni di “magra”, 8000 o più in periodi di alta intensità51 – tutto ciò in un contesto di carenza di munizioni in relazione alle bocche di fuoco disponibili, potenzialmente in grado di impiegare fino a 20.000 colpi giornalieri.52 Immaginando un contributo delle DPICM statunitensi di 2000 colpi giornalieri, ciò si tradurrebbe in una media di 7,3 milioni di submunizioni inesplose lasciate al suolo ogni anno. Applicando le stime calcolate in precedenza a partire dai casi d’impiego storici – aggiustate per le differenti densità di abitanti – un anno di simile utilizzo da parte ucraina delle DPICM rischierebbe di causare non meno di 12.000 vittime civili nel periodo post-bellico, con una media di 900 morti e feriti all’anno.
Cifre da prendere con le pinze per via delle numerose incognite, eppure utili per rendersi conto dell’ordine di grandezza del rischio cui si va incontro. Da un lato, un impiego delle munizioni a grappolo che risparmiasse le zone più densamente popolate a ridosso della linea del fronte – come Donetsk e Horlivka – basterebbe a dimezzare i futuri effetti sulla popolazione locale. La stessa assunzione che vede gli ucraini impiegare una media di 2000 DPICM al giorno è plausibile nel contesto di una lunga controffensiva ucraina o di nuove offensive russe, meno nel caso in cui il fronte si congelasse, o laddove gli USA limitassero le consegne. Vi è anche da considerare come, dopo la fine del conflitto, è assai probabile che una consistente parte dei profughi decidano o si vedano costretti a non tornare nelle regioni oggi luogo dei combattimenti: anche questo diminuirebbe le possibili vittime.
D’altra parte, è possibile che un tale calcolo stia perfino sottostimando il rischio per la popolazione civile. Un continuo impiego delle DPICM durante la rigida stagione invernale ucraina comporterebbe tassi di munizioni inesplose ben maggiori della già preoccupante media, così come eventuali avanzate dell’esercito ucraino a sud andrebbero ad intaccare non più campi coltivati ma zone urbanizzate, incrementando le conseguenze post-belliche. Gli ulteriori decenni di invecchiamento delle DPICM nei magazzini americani potrebbero, inoltre, averne ulteriormente aumentato i malfunzionamenti.
Non bisogna dimenticare come tali conseguenze andranno a sommarsi alla già gravissima contaminazione del territorio causata dall’impiego di ogni genere di armamenti da parte dei due eserciti. Nella provincia vietnamita di Quang Tri, a 35 anni dalla fine dei combattimenti, più di un abitante su cento è stato vittima di munizioni inesplose, e l’84% del territorio è ancora contaminato;53 tipicamente, nonostante l’impiego di ogni sorta di arma, le munizioni a grappolo sono responsabili della gran parte delle vittime.54 In Ucraina, oltre a causare vittime, le munizioni cluster contribuiranno a rendere impraticabili le attività agricole per anni a venire, una conseguenza particolarmente pesante per un paese dal grande settore agrario.
Un’ultima incognita è quella relativa alla futura bonifica del paese. I grandi impieghi di munizioni a grappolo del secolo scorso hanno lasciato territori contaminati fino ad oggi: nel già citato caso del Vietnam, nonostante i considerevoli sforzi statali e delle organizzazioni internazionali, si stima ci vogliano almeno altri 100 anni per riconquistare i terreni resi inaccessibili dalle munizioni inesplose, che ancor oggi corrispondono al 18% dell’intero paese.55 E’ evidente come la bonifica dell’Ucraina – dopo anni di guerra lungo un vasto fronte, con il largo impiego di munizioni cluster – richiederà uno sforzo economico enorme. Saranno pronti i governi alleati di Kiev a finanziarlo? Cosa succederebbe qualora il governo ucraino non riuscisse a riconquistare i territori perduti? In tal caso, le conseguenze dell’impiego delle DPICM continuerebbero a colpire i cittadini ucraini, ma la bonifica ricadrebbe sulle spalle delle amministrazioni russe.
Il tema dell’impiego di armi a grappolo meriterebbe particolare riflessione: ogni decisore dovrebbe ponderare accuratamente rischi per il territorio e vantaggi militari, e – idealmente – tenere conto dalla volontà di chi vivrà nei territori che ne subiranno la contaminazione. Nella concreta, violenta realtà del conflitto russo-ucraino, non sembra esserci molto spazio per simili considerazioni morali, laddove esse rischino di allontanare la vittoria sul campo: in ciò, questa guerra è assai poco originale.
Una discussione seria sul tema sarebbe possibile nel nostro paese, lontani dalle necessità della propaganda bellica; eppure, si è spesso preferito fare eco acriticamente a certe fonti ucraine e statunitensi, arrivando a diffondere falsità facilmente smentibili come la necessità delle armi a grappolo per lo sminamento dei campi minati.56 La speranza è che si preferisca ad una narrativa sensazionalistica e propagandistica, che può finire per danneggiare lo stesso lato che si vuole appoggiare, un modo di fare informazione più rispettoso di chi ne fruisce, specie quando il nostro stesso paese si ritrova indirettamente coinvolto in un conflitto.
FONTI E NOTE
- A Timeline of Cluster Bomb Use | Cluster bombs | CMC (stopclustermunitions.org) [↩]
- Ucraina, le bombe a grappolo per colpire le trincee russe scavate nei boschi – la Repubblica[↩]
- Intense and Lasting Harm: Cluster Munition Attacks in Ukraine | HRW[↩]
- Russia: “Ucraina ha usato bombe a grappolo”. Trump: “Con Biden terza guerra mondiale”[↩]
- 88 nel caso dei proiettili americani M483A1. I più moderni M864 ne contengono 72.[↩]
- Landmine and Cluster Munition Monitor (the-monitor.org) [↩]
- Survey of Cluster Munitions Produced and Stockpiled (hrw.org) [↩][↩][↩]
- Fatal Footprint: The Global Human Impact of Cluster Munitions[↩][↩]
- David M. Glantz (2010) The Development of the Soviet and Russian Armies in Context, 1946–2008: A Chronological and Topical Outline, The Journal of Slavic Military Studies,
23:1, 27-235, DOI: 10.1080/13518040903578429[↩][↩] - US intelligence and soviet armor[↩]
- FM100-5(76).pdf (bits.de) [↩]
- From Active Defense to AirLand Battle: The Development of Army Doctrine, 1973-1982[↩]
- Army Techniques Publication, Observed Fires[↩]
- irp.fas.org/doddir/army/fm100-2-1.pdf[↩][↩]
- https://archive.org/details/FM100-5Operations1982[↩]
- https://www.tandfonline.com/doi/pdf/10.1080/14702436.2022.2132232[↩]
- I proiettili di tipo base-bleed, grazie ad un generatore di gas che diminuisce la turbolenza durante il volo, hanno una gittata incrementata.[↩]
- FM6-20C1(1977-C1-1980).pdf (bits.de) [↩]
- fm6-20-40(90).pdf (bits.de) [↩]
- ПОСОБИЕ ПО ИЗУЧЕНИЮ ПРАВИЛ СТРЕЛЬБЫ
И УПРАВЛЕНИЯ ОГНЕМ АРТИЛЛЕРИИ (ПСиУО-2011) [↩] - ПРАВИЛА СТРЕЛЬБЫ И УПРАВЛЕНИЯ ОГНЕМ АРТИЛЛЕРИИ[↩]
- МИНИСТЕРСТВО ОБОРОНЫ РОССИЙСКОЙ ФЕДЕРАЦИИ (fa.ru), p. 19[↩][↩]
- ATP 3-09.42 Initial Draft (bits.de) [↩]
- Norsk rapport (knowledgearc.net) [↩][↩][↩][↩][↩]
- missili guidati anticarro[↩]
- The Evolution of Artillery for Increased
Effectiveness[↩] - Giving Ukraine Cluster Munitions is Necessary, Legal and Morally Justified | Royal United Services Institute (rusi.org) [↩]
- Norsk rapport (knowledgearc.net) [↩]
- non corazzati, in contrapposizione ai bersagli “duri”, come carri armati e blindati[↩]
- rispetto ad un classico proiettile M107 della Guerra Fredda, l’attuale successore M795 è stimato essere del 30% più efficace.[↩]
- uno strato di materiale soffice applicato lungo la superficie interna dei moderni veicoli corazzati, capace di ridurre notevolmente le schegge da penetrazioni di armi anticarro, specialmente quelle prodotte da piccole cariche cave.[↩]
- le munizioni sensor fuzed sono cugine di quelle a grappolo, laddove il proiettile madre rilascia un piccolo numero di sofisticate submunizioni anticarro, capaci di identificare ed ingaggiare bersagli autonomamente durante la discesa.[↩]
- Fire Support for the Brigade Combat Team, Headquarters
Department of the Army Washington, DC, 1 March 2016[↩] - Ammunition for Budget Cutters – The Washington Post[↩]
- Ukraine: Civilian Deaths from Cluster Munitions | Human Rights Watch (hrw.org) [↩]
- A/HRC/52/62 (ohchr.org) [↩]
- ANMC opens new rocket recycling facility | Article | The United States Army[↩]
- Cluster Weapons U.S. Is Sending Ukraine Often Fail to Detonate – The New York Times (nytimes.com) [↩]
- 0518-Long-Range-Precision-Fires.pdf (mca-marines.org) [↩]
- Critical_Asian_Studies-Legacies_of_War_Cluster_Bombs_in_Laos.pdf[↩]
- MAG removes 300,000th unexploded bomb in Laos – Lao People’s Democratic Republic (the) | ReliefWeb[↩]
- NSIAD-93-212 Operation Desert Storm: Casualties Caused by Improper Handling of Unexploded U.S. Submunitions (gao.gov) [↩][↩]
- Cluster Munitions a Foreseeable Hazard in Iraq (Human Rights Watch Briefing Paper, March 18, 2003) (hrw.org) [↩]
- Survey of Cluster Munitions Produced and Stockpiled (hrw.org) [↩]
- untitled (article36.org) [↩]
- Lebanon_0208_web (harvard.edu) [↩]
- UkraineCM_Briefing_May2023_final.pdf (hrw.org) [↩]
- Controversy surrounds US decision to send cluster munitions to Ukraine | The Hill[↩]
- Defense Casualty Analysis System (osd.mil) [↩]
- ai fini di queste stime, il termine “vittime” include sia morti che feriti.[↩]
- US faces hurdles in ramping up munitions supplies for Ukraine war effort | Financial Times (ft.com) [↩]
- Ukraine asks EU for 250,000 artillery shells a month | Financial Times (ft.com) [↩]
- Study of ERW Accidents in Quang Tri Province, Vietnam – Issuu[↩]
- Quang Tri Mine Action Center (qtmac.vn) [↩]
- War Legacy Issues in Southeast Asia: Unexploded Ordnance (UXO) (fas.org) [↩]
- Bombe a grappolo a Kiev: cosa significa, come verranno usate e cosa può cambiare nella guerra (ilmessaggero.it) [↩]
L’articolo esplora ogni aspetto correlato allo sviluppo e all’utilizzo delle bombe a grappolo affrontato ad oggi in maniera superficiale e spesso fuorviante dai cosiddetti “esperti” dei media. L’autore ha un approccio specialistico facendo riferimento a dati e pubblicazioni dopo averle filtrate criticamente.